L’AUTORELa persona di chi scrive queste pagine, di per sé, non è
meritevole di particolare attenzione; tuttavia non sembra del tutto
inappropriato consegnare al lettore qualche informazione, potenzialmente
utile alla lettura del testo il quale sarebbe fatalmente indebolito da una
presentazione anonima. Mi chiamo Antonino Sapienza, nato a Catania, laureato in
matematica all’Università di Catania; ho consumato la vita (quasi per intero)
in attività di ricerca, per lo più tecnologica. Una naturale inclinazione mi ha sempre guidato a non pubblicare:
rafforzata dalla viscerale ostilità dell’ambiente italiano, presente in tutti
i campi sin forse dalla notte dei tempi, verso le innovazioni profonde;
invero tenderei a non pubblicare nemmeno il presente testo, se non fosse
sopraggiunto un istintivo rammarico (fondato o non fondato) contro
l’eventualità che possa andare perduto. Poche sono le idee a mio giudizio significative che nel corso
della vita ho saputo concepire, a qualcuna delle quali mi pare appropriato
accennare. Agosto 1971: La
digitalizzazione completa del denaro, con la conseguente scomparsa (totale)
delle monete fisiche. Già all’inizio era ipotizzata, in rudimentali forme quasi
“meccaniche” e certamente velleitarie, l’identificazione del soggetto pagante
attraverso il mezzo delle impronte digitali. All’epoca, ovviamente, le difficoltà pratiche erano
insuperabili. Solo oggi, faticosamente, la cosa giunge ad attuarsi, quasi
spontaneamente e quasi a malgrado delle forze politiche: ma tuttora le ragioni
teoriche fondamentali che consigliano una tale scelta non sono ancora vedute
dagli specialisti, e pertanto non vengono alla luce e non se ne dibatte. Col senno di poi, avrei fatto bene, allora, a stampare la
sostanza delle cose da qualsiasi parte. 1984-1992. Progetto di
un Sistema Operativo “Made in Italy” per computer mainframe. Il Sistema è stato effettivamente realizzato, ed ha operato sul
campo per alcuni anni presso un esiguo numero di medie imprese; le difficoltà
di commercializzazione si rivelarono insuperabili. Al momento presente il medesimo progetto sarebbe tutt’altro che
obsoleto: gli Stati Uniti tritano e ritritano sempre le medesime cose, e un
progresso risolutivo (che arginasse la tendenza involutiva a creare strutture
sempre più pesanti) sarebbe desiderabile: in particolare perché le forti
restrizioni imposte, a quei tempi, dalla debolezza delle macchine e delle
comunicazioni sono quasi scomparse. La reazione dell’ambiente, o almeno di quella quota che ne venne
a conoscenza, fu rabbiosa, come se il nuovo potente sistema operativo fosse
un nemico, e non un progresso. 1997-2001. Linguaggio
ottimale (spin off del precedente). Si trattava di trovare il (o un) linguaggio per computer che, a
parità di risultato, richiedesse la minima quantità di scrittura
umana; una volta conseguito, è un progresso tecnologico estremale, che non
può essere superato. Com’è evidente, non è ragionevole tentare di approfondire
l’argomento in poche righe. Neanche questo è pubblicato, ma al presente (2022) è operativo
sul mercato, in qualche migliaio di posti di lavoro riscontrabili (dai quali
traggo il mio reddito). Una maggiore diffusione, dato il milieu, richiederebbe un
imprenditore vero e proprio, e palesemente non è il mio caso: la sola cosa
importante è la dimostrazione della fattibilità dell’impresa. -202x. La “speculazione” che fa oggetto
di questo testo. Sono sinceramente convinto che il futuro della fisica si debba
cercare in questa direzione e tuttavia, finché il cerchio non sarà chiuso,
non sono in grado di dimostrarlo. Alcuni ragionamenti importanti, per momento, sono omessi. Per arginare le molte lacune dovute sia alla forzata brevità del
testo, sia alle mie non grandi capacità espositive, sia alla mancanza di
importanti anelli nel ragionamento, ho creduto di aggiungere in appendice una
nota, che azzardi qualche analogia tra l’ipotesi di Fisica non galileiana qui
ventilata e la Teoria della Relatività Generale della quale essa, sotto
particolari aspetti, può essere letta come una generalizzazione estremale. Il testo che segue ha l’apparenza di una discussione
preliminare, a carattere essenzialmente filosofico, intorno al significato ed
alla percorribilità di un certo approccio, e così è. Tuttavia la difficoltà essenziale non è intorno alla
“scientificità” dell’intento, che è certa, quanto intorno alla sua fecondità,
che potrebbe essere grandissima ma potrebbe anche essere pressoché nulla. Le lunghissime ricerche sui linguaggi digitali hanno
determinato, involontariamente, una deformazione professionale, che
certamente ha influenzato il mio approccio alla Fisica, sebbene la
riconduzione della Realtà ad un ammasso di proposizioni connesso internamente
fosse idea precedente ad ogni mia conoscenza degli elaboratori elettronici. Da questi lunghi anni emerge una vena di sconforto per come sia di
gran lunga più agevole (seppure durissimo) introdurre l’intelligenza nei
circuiti delle macchine piuttosto che nelle menti degli uomini, meglio atte a
subirla che a condividerla. Istintivamente noi puntiamo tutti non già all’irrazionale, che
avrebbe una sua purezza artistica o almeno sentimentale, ma all’irragionevole
o forse, addirittura, direttamente alla menzogna. La macchina apprende lentamente ed a fatica, confuta subito i
ragionamenti falsi, recepisce quelli coerenti, non torna indietro e, in ogni
circostanza, si mantiene lucida. |